Editoria

CENNI STORICI

L’attività editoriale della Biblioteca Vaticana affonda le sue radici nelle origini stesse dell’arte tipografica. Prima ancora che si crei una tipografia a esclusivo servizio della Santa Sede, il vescovo Giovanni Andrea Bussi (1417-1475), nella cerchia di Niccolò V e predecessore del Platina nella carica di bibliotecario della Vaticana (1471-1475), intuisce le possibilità offerte dall’invenzione della stampa. Egli, infatti, sin dal 1468 (già prima della sua nomina alla Vaticana), inizia a curare le editiones principes di molte opere latine per l’officina tipografica di Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, i proto-tipografi che da Magonza introdussero l’arte tipografica in Italia, prima a Subiaco e poi a Roma.

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Membr. S. 18, f. 10r: s. Hieronymus, Epistulae,
editio princeps stampata a Roma, presso Sweynheym e
Pannartz, 13 dicembre 1468, per cura di G. A. Bussi,
il cui stemma episcopale compare in calce alla pagina
Mentre dunque la Biblioteca muove i suoi primi passi Bussi con intento filologico, collazionando ed emendando i manoscritti, provvede a far stampare opere di autori sacri e profani, testi ecclesiastici e classici. La nota supplica a Sisto IV in favore dei due tipografi, in cui viene fornito un elenco di più di 12.000 volumi stampati fino ad allora, costituisce di fatto il più antico catalogo di incunaboli.

I propositi editoriali di Bussi trovano continuità nell’opera del primo cardinale Bibliotecario, Marcello Cervini (1550-1555) - futuro papa, per meno di un mese, con il nome di Marcello II - il quale non solo rivolge le sue cure alla scelta dei testi da pubblicare, ma anche al perfezionamento dei caratteri di stampa utilizzati, estendendoli a quelli non latini. In ciò, si fa consigliare da Paolo Manuzio e si serve di vari stampatori operanti in proprio, nomi importanti della storia dell’editoria italiana quali Blado, Giunti, Priscianese. Su interessamento di Cervini e successivamente per volontà di Pio IV (1559-1565), viene creata a Roma una stamperia che, nel dicembre del 1561, incomincia a lavorare sotto la vigilanza di quattro cardinali "deputati sopra la stampa", con il lavoro di tipografi come Paolo Manuzio e Antonio Blado; alla fine del 1563, essa passa in proprietà del Comune o "popolo" romano e cessa la sua attività dopo il 1570.

Una tipografia pontificia, con personale tecnico e scientifico al diretto servizio della Santa Sede, con il fine prevalente di pubblicare e diffondere la conoscenza dei manoscritti ivi custoditi, viene istituita sotto Sisto V (1585-1590) con la bolla Eam semper ex omnibus (27 aprile 1587). Poco più tardi, la bolla Immensa aeterni Dei (22 gennaio 1588) istituisce una Congregazione cardinalizia pro Typographia Vaticana, con il compito di controllare che le pubblicazioni - edizioni volgari, latine, greche e orientali, con i relativi alfabeti, attinenti soprattutto alle Sacre Scritture, ai Santi Padri, ai Bollari Pontifici e altre opere ecclesiastiche in difesa della fede - siano conformi alle prescrizioni del Concilio Tridentino. Del 1590 è la prima edizione ufficiale della Vulgata, la cosiddetta Bibbia Sistina, sostituita poi nel 1592 da quella Clementina. La direzione della Tipografia è affidata a Domenico Basa, nominato Praefectus officinae impressoriae. Nel 1593, Clemente VIII (1592-1605) modifica l’ordinamento e l’organico della Biblioteca istituendo il ruolo dei ’correttori’, il cui compito è strettamente legato a quello della nuova istituzione e funzionale alla realizzazione di un concreto programma editoriale.
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Foglio pubblicitario [mm 560 x 405]
con i caratteri utilizzati dalla Tipografia
Vaticana diretta da Domenico Basa


La Tipografia Vaticana viene istituita accanto alla Biblioteca Apostolica. La vicinanza fisica delle due istituzioni riflette quella ideale, in quanto i manoscritti custoditi nella Biblioteca costituiscono spesso la fonte dei testi editi nella nuova tipografia: il sodalizio è tale che, nel linguaggio dei contemporanei, i due termini di ’tipografia’ e ’libraria’ vaticana erano spesso utilizzati indistintamente.

Durante il secolo XVII la Tipografia presso la Biblioteca cessa di esistere, soppressa da un chirografo (30 settembre 1609) di Paolo V (1605-1621); ma viene mantenuto un costante rapporto tra questa e la Stamperia Camerale, che l’aveva assorbita per volontà dello stesso pontefice. A Clemente XI (1700-1721), durante il primo anno del suo pontificato, vengono presentati dal primo custode della Biblioteca Lorenzo Alessandro Zaccagni un dettagliato memoriale e un progetto sulla riapertura della Tipografia Vaticana accanto alla Biblioteca, ma per un suo effettivo ripristino bisognerà aspettare Leone XII (1823-1829).

Nel secolo XVIII, la Biblioteca continua comunque a essere la depositaria di pregiato materiale tipografico, a possedere caratteri e rami per le stampe, a incidere nuovi tipi e a preparare molte opere per la pubblicazione di propri manoscritti. Sotto la guida del cardinale Bibliotecario Domenico Passionei viene organizzato un vero e proprio piano editoriale, assegnando ai diversi ufficiali della Biblioteca le opere da continuare o da intraprendere. Nel 1756 prende avvio la descrizione generale dei codici Vaticani, con il catalogo ragionato dei manoscritti in lingue orientali, curato da Giuseppe Simonio e Stefano Evodio Assemani, edito nella tipografia di Angelo Rotili, stampatore e realizzatore di apprezzati caratteri orientali, a Palazzo Massimo alle Colonne; esso doveva comprendere sei volumi, ma si interrompe al terzo, senza riuscire ad estendersi anche ai manoscritti greci, latini e in altre lingue, che il piano generale dell’opera - in 20 volumi - contemplava.

È Leone XII a ridare vita nel 1825 alla Tipografia Vaticana, dotandola di attrezzature tra le più moderne dell’epoca, di tipi e torchi nuovi acquistati in Inghilterra. Angelo Mai, primo custode della Biblioteca (1819-1833) e poi cardinale Bibliotecario (1853-1854), lo «scopritor famoso» leopardiano, dà particolare impulso alla pubblicazioni di testi tratti dai codici vaticani, sia sacri che profani: il primo e il più celebre è quello dell’inedito De re publica di Cicerone, comparso nel 1822 presso la tipografia di Francesco Bourliè in editio princeps, per la quale Mai aveva fatto fondere nuovi e maestosi caratteri. Sua è anche l’idea di una edizione facsimilare del Codice B (Vat. gr. 1209), uno dei più antichi e insigni testimoni della Bibbia, realizzata successivamente una prima volta tra il 1868 e il 1881 (dalla Tipografia di Propaganda Fide), e in seguito negli anni 1889-1890 (dalla Biblioteca Vaticana), 1904-1907 (dall’editore Hoepli di Milano), 1999 (dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato italiano).

Una tappa storica è segnata da Leone XIII (1878-1903), che apre più largamente la Biblioteca al pubblico degli studiosi e di conseguenza fa riprendere con rinvigorito fervore il lavoro di catalogazione a stampa dei manoscritti e i progetti editoriali. Nel secondo anno del suo pontificato, egli nomina la "Commissione per la pubblicazione dei Cataloghi della Biblioteca Vaticana", presieduta dal cardinale Bibliotecario Pitra e attiva dal 1880 al 1897. In questi anni e in quelli successivi vedono la luce diversi cataloghi, editi nella collana Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, molti dei quali relativi ai manoscritti dei fondi Vaticani, altri rivolti ai fondi storici quali i Palatini, i Reginensi, gli Urbinati, il Capponiano, gli Ottoboniani, il Chigiano, il Ferrajoli, i Barberiniani. Una certa diversità perdura nei criteri guida dei cataloghi fino alla prefettura (1895-1914) di padre Franz Ehrle, che stabilisce principi più precisi e costanti per una descrizione analitica dei manoscritti: tali norme, edite nelle Leges quas curatores bibliothecae Vaticanae in codicibus latinis o graecis recensendis sibi constituerunt - in calce alla praefatio del catalogo dei Codices Vaticani Latini, 1-678, curato da M. Vattasso e P. Franchi de’ Cavalieri nel 1902 e del catalogo dei Codices Urbinates Latini, 1-500 curato da C. Stornajolo nello stesso anno -, con adattamenti suggeriti di volta in volta dalla natura e tipologia del materiale descritto, valgono ancora per le attuali catalogazioni.


STUDI E TESTI

Sotto Leone XIII vede la luce anche la collana Studi e testi, voluta dal prefetto Ehrle.

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Frontespizio del primo volume di
Studi e Testi (1900)
Il titolo viene scelto per dare subito conto della doppia materia contemplata: studi originali, che traggono occasione dal lavoro di catalogazione dei codici, e testi inediti o bisognosi di nuove cure critiche che i codici offrono nel corso della sistematica recensione di cui sono oggetto. La collana nasce, dunque, con il fine di divulgare i lavori sul patrimonio librario della Biblioteca, contributi nuovi e originali nel campo di diverse discipline: gran parte degli studi è dedicata all’indagine e all’illustrazione di fondi o gruppi di manoscritti vaticani, ma sono ampiamente rappresentate anche discipline quali la paleografia, la filologia classica medievale e moderna, la letteratura e la teologia bizantina, la letteratura italiana, la dialettologia italiana, la storia medievale e moderna, la storia del diritto canonico, gli studi sull’umanesimo e su singole figure di umanisti, l’arte, l’agiografia, l’esegesi biblica, la liturgia, la teologia e la filosofia medievale, la storia della Chiesa.

Il primo volume della collana vede la luce nel 1900 per le stampe della Tipografia Vaticana, senza prefazione e senza che il nome della Biblioteca Vaticana appaia direttamente nel frontespizio quale istituto editore; esso compare solo nelle qualifiche degli autori, in un primo tempo tutti appartenenti al corpo scientifico della Biblioteca, come deciso nelle adunanze del Congresso preposto. Col tempo, soprattutto su istanza dell’allora prefetto (1914-1919) Achille Ratti, futuro Pio XI, essa si apre ai contributi esterni, prima agli archivisti del vicino Archivio Segreto (si vedano i Sussidi per la consultazione dell’Archivio Vaticano e le Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV), poi a studiosi di riconosciuta competenza scientifica impegnati in ricerche su manoscritti vaticani.

Si segnala, in particolare, che all’interno della collana compaiono tre articolazioni: i Cataloghi sommari e inventari dei fondi manoscritti (dal 1989), Studi e documenti sulla formazione della Biblioteca Apostolica Vaticana (dal 1994), Libri e biblioteche degli Ordini religiosi in Italia alla fine del secolo XVI (dal 2013); sono inoltre presenti alcune pubblicazioni multi-parte quali la Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana, corrente e retrospettiva (dal 1986), e i Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, che annualmente accolgono contributi brevi nati dalla consultazione dei fondi, manoscritti e stampati, della Vaticana (dal 1987).

La collana ha oggi superato i 500 volumi e costituisce il più importante strumento editoriale della Biblioteca, nonché il principale canale attraverso cui essa pubblica i risultati delle ricerche che vi si conducono, sempre in linea con i principi ispiratori del suo fondatore padre Ehrle, secondo cui compito della Biblioteca non è solo custodire i suoi beni, ma anche permettere di studiare e illustrare scientificamente i suoi fondi.


FACSIMILI ED EDIZIONI ILLUSTRATE

La pubblicazione di Studi e testi insieme a quella dei Cataloghi di manoscritti, nella collana Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, costituisce certamente il cuore della produzione editoriale della Biblioteca. Essa è ulteriormente arricchita da diverse collane di edizioni facsimilari - prevalentemente di manoscritti, ma anche di stampati, stampe e incisioni - e di edizioni illustrate, ovvero pubblicazioni in cui l’illustrazione grafica assume parte rilevante.

Particolare impulso a questo ramo del settore editoriale viene dato dalla Conferenza di San Gallo del 1898, promossa da padre Ehrle, in cui paleografi e bibliotecari si riuniscono per studiare i metodi più razionali di conservazione e restauro. In questo contesto viene promossa la collana Codices e Vaticanis selecti phototypice expressi, iussu Leonis PP. XIII, in cui vengono riprodotti in fototipia i maggiori e più famosi codici vaticani, al fine di facilitarne lo studio e assicurarne la conservazione dai pericoli del tempo e dalle ripetute e prolungate consultazioni. Le riproduzioni vengono riservate ai codici manoscritti più famosi e importanti, per la loro antichità, per il pregio singolare del testo o delle miniature; ognuna è accompagnata da una introduzione storico-critica e da una illustrazione del rispettivo codice e del suo contenuto. Già dal 1895 il prefetto Ehrle concepisce un vasto piano editoriale per la riproduzione fotografica dei cimeli della Biblioteca, spesso realizzati in coedizione con vari editori.

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Facsimile del Virgilio Vaticano (Vat. lat. 3225),
edito in Codices e vaticanis
selecti phototypice expressi
, vol. 1 (1899),
f. 18v: la miniatura illustra l’episodio
di Laocoonte
Facsimile del Virgilio Vaticano,
edito in Codices e vaticanis
selecti phototypice expressi
, vol. 40 (1980), f. 18v
La collana viene inaugurata con il Virgilio Vaticano (Vat. lat. 3225) nel 1899; seguono poi, tra gli altri, il Virgilio Romano (Vat. lat. 3867) nel 1902, il rotolo di Giosuè (Pal. gr. 431) nel 1905, l’autografo-idiografo del Canzoniere di Petrarca (Vat. lat. 3195) nel 1905, il Menologio di Basilio II (Vat. gr. 1613) nel 1907. Una series minor dei Codices e Vaticanis selecti phototypice expressi viene creata nel 1910 per raccogliere anche in un solo volume riproduzioni tratte da codici diversi, dei quali viene presa in esame solo una parte delle miniature.

Nello stesso quadro di interesse conservativo e divulgativo, ma su uno sfondo più ampio, è da collocare la nascita della collana Codices ex ecclesiasticis Italiae bibliothecis selecti phototypice expressi, creata al fine di offrire alle numerose e antiche biblioteche ecclesiastiche d’Italia la maniera di conservare e divulgare alcuni dei loro codici più preziosi, più volte restaurati nel laboratorio della Biblioteca Vaticana.

Risale ancora a padre Ehrle l’interesse per le antiche piante a stampa di Roma e suo è il proposito di divulgarne le principali in riproduzioni fototipiche largamente accessibili, accompagnate da esaurienti introduzioni, edite nella collana Piante maggiori di Roma riprodotte in fototipia, inaugurata nel 1908. La sua idea viene favorita dall’entrata in Vaticana di una collezione di piante della città e della campagna Romana, appartenuta un tempo al Collegio Romano; hanno così rivisto la luce tutte le maggiori piante della città dal secolo XVI al XVIII, alcune diventate rarissime, alcune addirittura esemplari unici.

Un altro ramo dell’attività editoriale della Biblioteca Vaticana è costituito da pubblicazioni destinate a far conoscere, con opportune riproduzioni, le collezioni archeologiche, artistiche e numismatiche della Biblioteca, ma anche dei Musei Sacro e Profano (fino al 1999 di competenza della Biblioteca), delle Gallerie e degli Appartamenti Pontifici, che raccolgono molti oggetti d’arte. Si tratta delle collane del Medagliere della Biblioteca Vaticana e dei relativi Quaderni, del Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana, e inoltre di Studi e documenti per la storia del Palazzo apostolico vaticano; rientrano in questa tipologia anche gli Inventari dell’Archivio Segreto Vaticano che comprendono il copiosissimo materiale sfragistico (tra cui bolle auree e preziosi sigilli) posseduto dall’istituzione.

Sempre nell’ambito delle edizioni illustrate nasce nel 1944 la collana Monumenta Cartographica Vaticana. Prima della sua inaugurazione, altre collane avevano ospitato le edizioni facsimilari di questo soggetto: la riproduzione del più autorevole codice di Tolomeo (Urb. gr. 82) era stata riprodotta nel 1932 nella collana Codices e Vaticanis selecti, mentre il mappamondo cinese di Matteo Ricci (Terza edizione - Pechino, 1602) aveva visto la luce nel 1938 al di fuori delle collane indicate. La creazione di una serie specifica era finalizzata a realizzare una sistematica opera d’illustrazione del patrimonio cartografico vaticano. Essa consta di edizioni fototipiche del materiale cartografico - planisferi, atlanti, carte nautiche - conservato inedito o incompiutamente noto nelle raccolte di manoscritti e di stampati della Biblioteca e nei Palazzi Vaticani, come le carte geografiche di grandi dimensioni che decorano le ale di levante e centrale delle Logge di Raffaello e quelle d’Italia che ornano la Galleria detta delle Carte geografiche.

Le tre principali articolazioni della produzione editoriale della Biblioteca (i Catalogi, Studi e testi e le edizioni facsimilari e illustrate) non ne esauriscono interamente il panorama, che comprende anche altre significative collane.

Tutte le collane sono consultabili nel CATALOGO DELLE PUBBLICAZIONI.


CONTATTI E RIFERIMENTI

  • Direttore scientifico del Servizio per l’Editoria: Dott. Delio Vania Proverbio contatta per email
  • Telefono: +39/06698.79496

  • Vice-direttore editoriale: Dott. András Német contatta per email
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