Laboratorio Fotografico

Il Laboratorio Fotografico della Biblioteca Apostolica Vaticana effettua le riproduzioni fotografiche del materiale della Biblioteca, sia per uso interno sia per conto degli studiosi (Richieste fotografiche), mettendo in atto, nel lavoro di riproduzione, gli accorgimenti e le precauzioni necessarie per preservare il materiale da eventuali danni.

IL PASSATO

1898

Già nel 1898, in occasione della Conferenza internazionale di San Gallo per il restauro degli antichi codici promossa da padre Franz Ehrle, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana dal 1895 al 1914, si ribadisce la necessità di eseguire riproduzioni fotografiche dei codici per poterne documentare lo stato di conservazione e i risultati degli interventi di restauro eseguiti su di essi.

Seconda metà dell'Ottocento - Anni Trenta del Novecento

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Fotografia di palinsesti a
raggi ultravioletti
anni Quaranta
La riproduzione fotografica per gli studiosi fino alla fine degli anni Venti del Novecento era affidata, sia per uso interno che per i richiedenti, a fotografi esterni, oppure talvolta agli studiosi stessi veniva concesso il permesso di eseguire riproduzioni con i propri macchinari. Successivamente, grazie alla generosità di Papa Pio XI (1922-1939), nel 1938 venne istituito il primo "Gabinetto Fotografico", provvisto di apparecchi fotografici di varie marche, di una macchina per il microfilm bianco e nero e a colori, di macchine per lastre e diapositive in vari formati, e di un autoriproduttore Siemens. Inoltre c'erano tre camere oscure, due delle quali servivano per lo sviluppo e la stampa, mentre la terza, denominata "Laboratorio Scientifico", era adibita a esperimenti innovativi di riprese fotografiche con radiazioni ultraviolette e infrarosse e raggi X.


Anni Cinquanta

Un progetto particolare di microfilmatura si è intrapreso dopo l'ultima guerra: le distruzioni materiali, conseguenza delle operazioni militari, indussero il pontefice Pio XII alla creazione di un deposito di sicurezza oltreoceano dei microfilm dei manoscritti vaticani. Così, nei primi anni Cinquanta è iniziata una campagna di microfilmatura durata circa un decennio, durante la quale è stato riprodotto circa il 70% dei manoscritti vaticani. La Biblioteca ha reso disponibile la consultazione di tali microfilm presso la Pius XII Memorial Library,
appositamente creata nella Saint Louis University (U.S.A).

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Postazione di ripresa di microfilm anni Cinquanta
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Postazione di ripresa di microfilm anni Cinquanta

Anni Sessanta-Ottanta

Negli anni successivi, fino all'introduzione del Laboratorio Digitale, le apparecchiature per la microfilmatura e la produzione di lastre si sono rivelate sufficientemente adeguate e ancora moderne da non avere necessità di sostanziali innovazioni nell'impostazione. Sono state acquistate fotocamere portatili per il 35 mm, una nuova fotocamera reflex per il formato 6 x 7 e un nuovo banco ottico, e una grande quantità di accessori fotografici più recenti.
Negli anni Settanta era in uso principalmente il banco ottico per pellicole 18 x 24 cm, sia negative che diapositive, oltre a un banco ottico per il formato 13 x 18 cm. Con questi strumenti tradizionali è stata prodotta una grande quantità di ektachrome 13 x 18 cm per l'uso di studio e di pubblicazione dei codici e molte ektachrome di formato 20 x 25 cm per l'edizione, in collaborazione con società esterne, di pregiati facsimili di manoscritti.
Riferimento importante per l'attività del Laboratorio in quegli anni è stato un Colloquio Internazionale promosso nel 1975 dalla Biblioteca Vaticana, attinente alla tutela e alla riproduzione di manoscritti e stampati antichi, nel quale il tema della riproduzione fotografica veniva affrontato dal punto di vista concettuale, tecnico, finanziario e giuridico e dalle cui considerazioni finali emerge, con lucida lungimiranza, la coscienza della necessità di costituire archivi completi di riproduzioni dei manoscritti ai fini tanto della protezione degli originali (infatti un argomento cardine è la "Sicherheitsverfilmung" su microfilm) quanto della loro diffusione; la necessità di ricerca di standardizzazione dei macchinari e delle tecniche, e l'auspicio di collaborazione per raggiungere pratiche uniformi nonché risultati di qualità eccellente e durevole.

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Gruppo di partecipanti al convegno
del 1975

IL PRESENTE

  • Attualmente il Laboratorio Fotografico si avvale di tecnologie digitali (gradualmente adottate a partire dal 1994). Continua l'attività di completamento del patrimonio su microfilm, ma, diversamente da come si fece nel progetto di microfilmatura degli anni '50 del Novecento, l'acquisizione non avviene più direttamente in analogico da originale ma attraverso la migrazione di file digitali su pellicola.
  • Vengono utilizzate macchine fotografiche Nikon e dorsi digitali Hasselblad montati su colonna oppure collegati a postazioni munite di leggii librari. Sono in uso anche scanner Metis e scanner i2S oltreché diversi scanner desktop e stampanti di varie dimensioni e marche, e macchinari di trasferimento dei file su pellicola e di sviluppo del film. Lo staff fotografico è altamente qualificato e continuamente aggiornato sulle tecniche di acquisizione e di elaborazione delle immagini.
  • Le tecniche di ripresa sono opportunamente uniformate e si allineano agli standard internazionali di acquisizione fotografica di beni librari. Immagini acquisite secondo le regole della «best practice», provviste di scale cromatiche e millimetriche e archiviate a risoluzione nativa, contribuiscono alla conservazione dell'originale, e sono premessa alla conservazione a lungo termine dello stesso file (Digital Preservation) In quest'ottica, ogni pagina viene interfogliata con carta bianca per assicurare che la sua fotografia rispecchi fedelmente l'originale mostrandone ogni piccolo particolare, come ad esempio fori nel supporto scrittorio o altre irregolarità.

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    Kameratisch
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    Scanner Metis 50x70 con leggio
  • Il Laboratorio Fotografico, com'è nella sua tradizione fin dalla sua istituzione, coltiva attività sperimentali d'avanguardia con tecniche multispettrali e trasversali, ad esempio documentando filigrane; portando avanti un importante progetto di recupero dei palinsesti; e rendendo accessibili – nel pieno rispetto dell'originale - materiali compromessi da inchiostro corrosivo o da muffe.
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Palinsesto Vat.gr.544 f. 252v (part.)
ripreso a luce naturale
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Palinsesto Vat.gr.544 f. 252v (part.)
ripreso con fluorescenza ultravioletta
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Palinsesto Vat.gr.544 f. 252v (part.)
elaborata

PROGETTO DI DIGITALIZZAZIONE

http://library.ifla.org/2113/1/160-manoni-en.pdf

  • Dal 2010 la Biblioteca Apostolica Vaticana ha avviato un ambizioso progetto di conservazione digitale, approntato con un lavoro di diversi anni e con importanti collaborazioni internazionali, digitalizzando su larga scala i suoi manoscritti e, eccezionalmente, anche gli stampati, in considerazione della principale delle raccomandazioni finali del Colloquio Internazionale del 1975: la necessità di costituire archivi completi di riproduzioni, acquisendo master fotografici permanenti e idonei a qualunque futura possibilità di utilizzo. Il Laboratorio fotografico, in collaborazione con il Laboratorio di Restauro, il Coordinamento dei servizi informatici e il Centro elaborazione dati coordina e gestisce tali progetti promossi dalla Biblioteca, provvedendo alla adeguata applicazione delle tecniche di riproduzione, al duplice controllo delle immagini, e al regolare aggiornamento di procedimenti e mezzi.
  • Prima di iniziare questa imponente attività, è stato fatto uno studio di fattibilità al quale è seguita una fase di prova durante la quale sono stati messi a punto gli aspetti tecnici per l'adeguata acquisizione fotografica delle immagini, quelli relativi alla creazione di un flusso di lavoro efficiente (poi, in corso d'opera, affinato e adeguato a esigenze sempre nuove, essendo la digitalizzazione un work in progress), della corretta archiviazione a lungo termine del patrimonio prodotto, nonché quelli della messa a disposizione di queste copie virtuali in forma di biblioteca digitale sfogliabile via web (https://digi.vatlib.it/). La Biblioteca Vaticana, per la sua piattaforma DigiVatLib, ha adottato lo standard IIIF che consente l'interoperabilità delle collezioni.

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Postazione di acquisizione al progetto di digitalizzazione

CONSERVAZIONE A LUNGO TERMINE DEL PATRIMONIO DIGITALE

  • La conservazione digitale a lungo termine delle risorse digitali non significa un certificato di garanzia per cinque o cinquanta anni, ma lo sviluppo responsabile di strategie che possano fare fronte al costante cambiamento tecnologico.
  • Per la conservazione permanente e la salvaguardia del patrimonio digitale vedi Digital Preservation
  • Nell'ambito della conservazione digitale dei beni librari, il colore è una informazione importante da preservare e riprodurre il più fedelmente possibile all'originale (Lo spazio colore )

ARCHIVIO FOTOGRAFICO ANALOGICO

L'Archivio Fotografico conserva gli originali delle fotografie analogiche effettuate dal Laboratorio. Si tratta di un patrimonio di grande rilevanza archivistica e documentaria. L'Archivio garantisce l'accesso alle fotografie non solo come strumenti, ma anche in quanto oggetti di ricerca. Tra le funzioni dell'Archivio c'è anche quello storico-documentale: le fotografie illustrano lo stato del manoscritto all'epoca della ripresa; in alcuni casi esse mostrano come il manoscritto era prima di deteriorarsi, o prima di un intervento di restauro.

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Consistenza dell'Archivio fotografico:

  • 54.000 microfilm dei manoscritti della BAV, riprodotti per intero;
  • 33.000 diapositive a colori 35mm e 10.000 di formato 13x18;
  • 35.000 pellicole in bianco e nero di grande formato;
  • le microfiche degli Stampati Palatini, e del fondo Cicognara (THE CICOGNARA PROJECT).

CONTATTI E RIFERIMENTI

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