Sezione manoscritti

I fondi curati dalla Sezione Manoscritti sono attualmente più di cento. Anche per quanto riguarda la loro consistenza, essi sono molto vari, andando dai Vaticani latini (il fondo numericamente più cospicuo, con circa 15.500 segnature) a fondi costituiti da un unico elemento (essi sono attualmente 7: Borgiani egiziani, Borgiani islandesi, Vaticani indocinesi, Papiri Borgiani aramaici, Papiri Borgiani demotici, Papiri Vaticani demotici, Vaticani mandei). I fondi sono distinti in fondi «aperti» e «chiusi» (o «storici»). Si intende per «aperto» un fondo che è, o si prevede possa essere, soggetto a continui incrementi nel tempo, in occasione di accessioni di materiali della stessa natura (per consuetudine, in Vaticana, i fondi «aperti», per quanto riguarda i manoscritti, sono in linea di massima contraddistinti dall'aggettivo «Vaticani»); per fondo «chiuso» si intende invece un fondo che, a motivo della sua provenienza da una collezione preesistente all'arrivo in Biblioteca, o per le peculiari circostanze storiche nelle quali si è formato, non è ritenuto passibile di ulteriori accrescimenti, che ne sfigurerebbero la natura. A questa categoria di fondi «chiusi» o «storici» appartengono i fondi Palatini (costituiti da manoscritti provenienti dalla città tedesca di Heidelberg e donati a Gregorio XV nel 1623 dall'elettore di Baviera Massimiliano I, nell'ambito delle vicende della Guerra dei Trent'Anni), Urbinati (formati dalla biblioteca di Federico da Montefeltro, 1422-1482, e poi dei duchi di Urbino, acquistata nel 1657 da Alessandro VII), Reginensi (con le collezioni di Cristina di Svezia, 1626-1689, pervenute nel 1690), Capponiano (con la biblioteca di Alessandro Gregorio Capponi, 1683-1746, lasciata alla Vaticana nel 1746), Ottoboniani (con la biblioteca della famiglia Ottoboni, acquisita nel 1748), Borghesiano (con la collezione della famiglia romana dei Borghese, ma con numerosi manoscritti della biblioteca pontificia di Avignone, acquistata nel 1891), Barberiniani e Borgiani (costituiti nel 1902, i primi con i manoscritti della biblioteca della famiglia romana dei Barberini, i secondi con quelli della biblioteca della Congregazione di Propaganda Fide, in cui era confluita la ricca collezione del card. Stefano Borgia, 1731-1804), Rossiano (creato con la biblioteca di Giovanni Francesco De Rossi, 1796-1854, depositata nel 1921 dalla Compagnia di Gesù), Chigiano (con la biblioteca della famiglia Chigi, donata a Pio XI nel 1923), Ferrajoli (con la biblioteca dell'omonima famiglia romana, pervenuta nel 1926), dell'Archivio del Capitolo di S. Pietro (depositato nel 1940), Patetta (con la biblioteca del collezionista Federico Patetta, 1867-1945, che la lasciò alla Vaticana nel 1945). La varietà dei fondi manoscritti, dalle origini più diverse, fanno dunque della Vaticana una «bibliotheca bibliothecarum», una «biblioteca di biblioteche», costituita cioè non solo attraverso la diuturna attività collezionistica dei papi, con una continuità ininterrotta di più di mezzo millennio, ma attraverso l'accessione di intere biblioteche, che sono specchio di epoche, mondi e culture diverse, dai manoscritti medievali di monasteri tedeschi, francesi, centro-europei dei fondi Palatini e Reginensi a quelli missionari dei fondi Borgiani.


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