Origini, Sviluppo, Finalità

Fondazione e finalità

La Scuola Vaticana di Biblioteconomia fu istituita per volontà di Pio XI1, che con profonda esperienza personale di bibliotecario le riservò «lo scopo di iniziare nel modo più largo, nel modo migliore, ad una tenuta, un governo, una cura dei libri che non si arresta ai libri stessi e non ha questi soltanto per oggetto, ma va anche a quello, che i libri rappresentano, cioè la scienza, il culto della scienza, e della nobile fatica intorno alla scienza»2.
Il primo corso iniziò alle ore 10 di giovedì 13 novembre 1934, con la prolusione di Eugène Tisserant, allora Pro-prefetto della Biblioteca Apostolica e futuro Cardinale Bibliotecario. Chiari nelle sue parole, da subito, finalità e contenuti del corso3:
«Aver cura dei libri, essere bibliotecari, è un dovere speciale al fine di curare quel che resta delle antiche biblioteche annesse a monasteri e chiese, al fine di conservare il materiale rimasto, di accrescerlo, ordinarlo, metterlo in valore. […] Le biblioteche ben tenute contribuiscono molto a fare sacerdoti amanti dello studio e, non temo di dire, più capaci, in conseguenza, di far del bene alle anime. […] La Scuola intende precisamente insegnare a servir meglio i confratelli o gli alunni dei seminari, ad organizzare biblioteche per le opere che necessitano, oppure ad insegnare ad altri come organizzarle».
Felice anche la sintesi su tutti gli elementi che contraddistinguono e motivano una biblioteca moderna:
«Curare quel che resta delle antiche biblioteche, conservare il materiale, accrescerlo, ordinarlo, metterlo in valore» vuol dire infatti stabilire procedure di tutela e restauro del patrimonio librario, di politica delle acquisizioni, di applicazione di una rigorosa normativa catalografica e di efficienti servizi di prestito e informazione bibliografica: di tutto ciò si sarebbe dovuta occupare la Scuola di Biblioteconomia. Questi sono stati e sono i principi che hanno sempre animato la nostra Scuola, la cui nascita è strettamente connessa al catalogo degli stampati della Biblioteca Apostolica Vaticana e all’adozione delle relative Norme.
Infatti l’istituzione di una tale scuola era già stata auspicata da alcuni anni, in particolare dai bibliotecari incaricati della catalogazione degli stampati.

La catalogazione degli stampati della Vaticana e la Scuola di Biblioteconomia

Dalla seconda metà degli Anni Venti alla seconda metà degli Anni Trenta si registra un decennio fecondo per la Biblioteca Vaticana e per l’impostazione biblioteconomica che tuttora la caratterizza, grazie soprattutto all’assunzione delle Norme e, di conseguenza, all’allestimento del grande schedario a dizionario, ancor oggi strumento utilissimo di consultazione con cui dovrà confrontarsi qualsiasi sistema informatizzato di catalogazione.
Per la redazione delle schede erano state studiate, stabilite e pubblicate nel 1931 le "Norme per il catalogo degli stampati", opera di un gruppo internazionale di lavoro, appositamente costituito e coordinato da John Ansteinsson, bibliotecario della Norges Tekniske Hòiskole di Trondhjem. Gli autori si erano ispirati alle contemporanee regole anglo-americane, senza però proporne la semplice traduzione, ma intervenendo con opportuni cambiamenti in particolar modo per il trattamento del materiale di carattere religioso: tutto ciò costituì per la Biblioteca Vaticana una novità rivoluzionaria, con l’effetto di consentire il reperimento di un libro non in una giornata, come era avvenuto sino ad allora, ma nel giro mediamente di mezz’ora4.
Questa svolta fu impressa in particolare dalla volontà di Pio XI, già prefetto della Vaticana e prima ancora dell’Ambrosiana di Milano, ove fu allievo, insieme al giovane Giovanni Mercati, dell’espertissimo Antonio Maria Ceriani. Eletto papa, l’ex prefetto Ratti sostenne la Vaticana in ogni modo ed ebbe, fra gli altri, il merito di affidarne la cura a uomini preparati ed aperti, come Eugène Tisserant5. Tisserant guidò la riorganizzazione della sezione stampati e fu per sei anni, dal 1930 al 1936, pro-prefetto accanto al Mercati, a sua volta nominato prefetto dal 1919. Era allora cardinale bibliotecario l’ormai anziano gesuita Franz Ehrle (1929-1934), primo prefetto moderno della Biblioteca Apostolica, fulcro del rinnovamento dell’istituzione a cavallo dei secoli XIX e XX6.
Per la sezione degli stampati ci si avvalse della collaborazione di alcuni assistenti: Igino Giordani, Gerardo Bruni, Carmelo Scalia ed Enrico Benedetti, e qualche anno più tardi anche di Riccardo Matta, Giuseppe Graglia e Nello Vian, i quali tutti avevano trascorso un lungo periodo di tirocinio presso le migliori biblioteche degli Stati Uniti. In missione dagli Stati Uniti giunse frattanto in Vaticano il gruppo di lavoro incaricato di redigere una normativa catalografica; ne facevano parte: William W. Bishop, bibliotecario dell’Università del Michigan, James C. Hanson, dell’Università di Chicago, e Charles Martel, capo della divisione del catalogo della Library of Congress di Washington. Ad essi si aggiunsero John Ansteinsson, Milton E. Lord e William M. Randall, nonché gli assistenti della Vaticana di ritorno dagli Stati Uniti.

L’articolazione della Scuola nei primi anni

Definite le Norme di catalogazione, occorreva formare catalogatori che le applicassero e le diffondessero; catalogatori che in quel momento non erano in numero sufficiente neppure in Vaticana, ove fino ad allora le energie erano state dedicate soprattutto alla cura dei manoscritti. Su questi presupposti nacque la Scuola, come moderna istituzione scientifica7. Nei primi anni di vita gli insegnamenti impartiti erano due: "Catalogazione e classificazione dei libri" e "Bibliografia e ordinamento generale dei servizi di biblioteca".
Il primo, affidato a Igino Giordani, si svolgeva secondo la materia contenuta nelle Norme e trattava i vari generi di cataloghi e i loro principi ordinativi, la redazione dei cataloghi per materie, la definizione dei soggetti propri per ciascuna opera e i diversi sistemi di classificazione dei libri.
L’altro insegnamento, affidato a Nello Vian, comprendeva quanto si riferisce agli altri compiti del bibliotecario, cioè alla scelta, all’acquisto e alla conservazione del materiale librario nonché ai servizi per rendere questo accessibile al pubblico degli studiosi.
Il corso, stabilito fin dall’inizio della durata di un anno, si svolgeva tutti i giovedì da novembre a giugno, per un totale di cinquanta lezioni, ed era preceduto da una introduzione alla conoscenza dei principali repertori bibliografici e opere di consultazione8.
Per garantire alla Scuola un carattere eminentemente pratico, le lezioni mattutine furono affiancate da esercitazioni pomeridiane, che gli allievi erano tenuti a svolgere per un totale minimo di venti giornate lavorative.
All’inizio del quinto anno accademico, 1938-1939, il numero degli insegnamenti fu aumentato, pur svolgendosi tutte le lezioni, come era stato fatto dal principio, nella sola mattinata del giovedì di ogni settimana. La Bibliografia diventava insegnamento a sé stante e fu aggiunto il corso di Storia del libro.
Il totale delle ore saliva a settantacinque, le esercitazioni venivano raddoppiate: al turno del giovedì si aggiungeva quello del sabato. Nel corso degli anni si avvicendarono Giuseppe Graglia, Riccardo Matta e Lamberto Donati, Luigi Michelini Tocci, Niccolò Del Re e Romeo De Maio.
La Scuola suscitò interesse vivissimo, fin dall’inizio, come dimostra il numero delle richieste di iscrizione, sempre superiore ai posti disponibili. La Direzione fu quindi costretta ad elevare man mano il numero degli allievi e a dotare la Scuola di una sede più ampia. Dai 33 iscritti del primo anno si passò ai 68 del terzo e addirittura agli 82 del quinto anno: nei primi sette anni gli allievi iscritti risultarono 424.
A fronte di una affluenza così numerosa si mantenne una rigorosa selezione: nei primi sette anni i diplomati risultano solo 200, meno della metà degli iscritti.
Un’analisi statistica sulla provenienza degli allievi dimostra una frequenza largamente internazionale e interconfessionale. Gli allievi provengono in primo luogo dall’Italia, poi dalla Spagna e dai paesi dell’America Latina, dai paesi dell’Europa continentale (Francia, Germania, Belgio e Olanda), e ancora dall’America settentrionale, dai paesi di area slava e più recentemente anche dai paesi arabi, africani e del lontano Oriente (India, Cina, Corea, Vietnam). Dalla stessa statistica si deduce che, sebbene il corso sia stato inteso in primo luogo a utilità degli ecclesiastici, non è trascorso anno in cui non sia stato ammesso un numero relativamente ampio di laici, uomini e donne; tale numero è andato crescendo e oggi costituisce la maggioranza degli iscritti.
Per il proprio carattere di laboratorio, la Scuola nei primi anni non teneva lezioni in un’aula vera e propria; gli allievi venivano ospitati negli uffici della Biblioteca ad apprendere direttamente le procedure di lavoro ed era loro permesso di utilizzare i repertori bibliografici disponibili in consultazione. Crescendo però il numero degli studenti, fu giocoforza rinunciare ad un metodo pur così valido: si allestì dunque un ambiente apposito, ove ospitare le lezioni. Agli allievi fu consentito di svolgere le proprie ricerche bibliografiche servendosi del ricco patrimonio della Biblioteca.

Le sedi e le recenti riforme

La prima sede della Scuola fu inaugurata da Pio XII nel 1941, come ricorda un’epigrafe marmorea collocata poi nella seconda sede, aperta dall’anno accademico 1977-1978, nel Cortile del Belvedere fra l’ingresso della Biblioteca e quello dell’Archivio Segreto. Nell’aula, dotata di 100 posti, era collocata una selezione di letteratura professionale e altra attrezzatura più adatta ai nuovi sistemi di catalogazione e alle esigenze di studio biblioteconomico: una vetrina per l’esposizione del materiale prezioso, utile alla didattica (manoscritti, incunaboli e rari, repertori bibliografici e oggetti museali), la predisposizione per terminali collegati al sistema di catalogazione computerizzato della Biblioteca, le apparecchiature per la proiezione di filmati, videocassette, diapositive e lucidi. A questo rinnovamento esterno corrispose un allargamento delle materie insegnate, anche per la notevole attenzione prestata da Paul Canart, a lungo direttore, e poi da Leonard E. Boyle che da prefetto ne assunse direttamente la direzione: la Scuola si apriva così a una preparazione più articolata e più adatta all’esperienza della Vaticana, comprendendo anche un approccio alla catalogazione del manoscritto antico e moderno. Negli anni Novanta essa fu così coinvolta in progetti importanti e di avanguardia nella catalogazione informatica, proprio come era accaduto molti anni prima in rapporto alla catalogazione a schede. Dal 1999 il consiglio dei docenti ha deciso di ammettere alla frequenza solo candidati in possesso di diploma di laurea o di licenza canonica e, insieme, di ridurre da cento a cinquanta, quindi a quarantotto il numero annuale degli studenti, e ciò per migliorare ulteriormente la qualità degli studi e il grado di specializzazione della Scuola. Dall’anno accademico 2002-2003, grazie a un intervento dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, alla Scuola è stata assegnata una nuova sede, la terza della sua storia. Collocata al piano terreno nel Palazzo San Paolo in Via della Conciliazione, essa dispone di spazi più ampi e meglio attrezzati per gli studi. Un’aula informatizzata di quarantotto posti, uno per ciascun allievo, permette di svolgere lezioni secondo i metodi più recenti, profondamente rinnovati dall’uso dell’informatica, uso al quale la Vaticana ha offerto negli ultimi anni contributi decisivi con importanti sperimentazioni nel campo della catalogazione di manoscritti e stampati e della gestione dei dati. L’aula informatica è la sede principale delle lezioni e delle esercitazioni ed è collegata con il sistema centrale della Vaticana. Sono anche disponibili due aule minori: una per accogliere la biblioteca professionale, che si intende accrescere e migliorare, l’altra destinata alla ricca raccolta di tesi bibliografiche, frutto del lavoro degli studenti.
A partire dall'anno 2018 la Scuola eroga un corso biennale di alta specializzazione in Biblioteconomia. Tale corso ha equipollenza con quelli erogati dalle scuole di specializzazione per 120 cfu, come previsto dalle normative vigenti. Dall'a.a. 2023-2024 la Scuola ha una nuova sede in via della Conciliazione 7 e si doterà di uno statuto e di un regolamento approvati dalla Santa Sede.


1 Le notizie sulla storia dell’istituzione sono tratte da A. PERNIGOTTI - P.G. WESTON, La Scuola Vaticana di Biblioteconomia in Formazione e aggiornamento di archivisti e bibliotecari. Problemi e prospettive. Atti del Convegno, Roma, Università degli studi “La Sapienza”, 2-4 marzo 1989, a cura di A. Pratesi, [Roma] [c1991], pp. 121-126.
2 A. ALECCI, Le origini della Scuola Vaticana di Biblioteconomia, «Dimensione Biblioteca», I, 1, (1983), p. 16.
3 L’inizio dei corsi di biblioteconomia alla Biblioteca Vaticana, «L’Osservatore Romano», 16 novembre 1934, p. 2.
4 E. ROBERTSON, Igino Giordani, Roma 1986, p. 79.
5 N. VIAN, Il leone nello scrittoio, Reggio Emilia 1980, p. 207.
6 J. BIGNAMI ODIER, La bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, avec la collaboration de J. RUYSSCHAERT, Città del Vaticano 1973, p. 346.
Uno splendido profilo di Mercati studioso e bibliotecario ha dato A. CAMPANA, Giovanni Mercati, in Profili e ricordi, Padova 1996, pp. 48-77.
7 L.E. BOYLE, The Future of Old Libraries: The Vatican Library, «Liber Bulletin», 29, Heidelberg, 1987, pp. 42-43.
8 E. TISSERANT, Cité du Vatican. Institution d’une école de bibliothéconomie auprès de la Bibliothèque Vaticane, in Rôle et formation du bibliothécaire, étude comparative sur la formation professionnelle du bibliothécaire, Paris 1933, pp. 346-347.

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