Saluto del Direttore

Prolusione Scuola Biblioteconomia 2012-2013

Ottobre 2012

Mons. Cesare Pasini,
La digitalizzazione dei manoscritti nella Biblioteca Apostolica Vaticana:
storia, decisioni, testimonianza


Premessa
In questa prolusione sulla digitalizzazione dei manoscritti nella Biblioteca Apostolica Vaticana non intendo offrire una trattazione complessiva e articolata. Desidero piuttosto raccogliere dalla storia di questo progetto, che ha alle sue spalle ormai venti anni di imprese e di riflessioni, una serie di indicazioni che nascono dalle differenti situazioni per le quali siamo passati, dalle domande che ci siamo dovuti porre e dalle soluzioni che, con il concorso di varie competenze, interne ed esterne, abbiamo potuto trovare. Quasi una sintesi sapienziale su una nostra esperienza, che ritengo utile a valutare, il più possibile adeguatamente, una iniziativa quale la digitalizzazione dei manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana.


Esperienze precedenti
Agli inizi dell'impresa può essere segnalato un progetto di digitalizzazione dei manoscritti, negli anni Novanta del secolo scorso, che si avvalse della collaborazione della società IBM (International Business Machines Corporation), in particolare di un nutrito staff di loro ingegneri. Nella sua completa inesperienza la Biblioteca Vaticana seguì il partner sia nelle scelte tecnologiche di acquisizione sia in quelle dei parametri dei formati sia e soprattutto nelle scelte relative ai software deputati ai processi di conservazione. IBM scelse il sistema operativo OS/2; tuttavia, dopo un anno e mezzo di lavoro, ci si trovò a dover affrontare le gravi conseguenze che derivarono dalla dismissione, da parte di IBM del sistema operativo OS/2. Di fatto il progetto non poté essere proseguito e neppure poterono essere ricostruiti i dati fino ad allora conservati.
La Biblioteca ne ha tratto la lezione che era necessario acquisire nel proprio ambito la consapevolezza di che cosa chiedere ai partner, di come chiederlo e di come confrontarne i risultati, realizzando cioè con la loro collaborazione progetti che fossero però studiati ed elaborati al proprio interno. Detto in altri termini: per intraprendere un sano e adeguato progetto, bisogna attrezzarsi di competenze nei vari settori e non prendere il primo prodotto o la prima offerta che capita, perché ciò che appare meraviglioso nei suoi risultati immediati può poi rivelarsi senza adeguato sviluppo o senza garanzia di conservazione.


Collaborazione con Toppan
Nel 2005 è iniziata in Biblioteca la sperimentazione con due scanner, forniti dalla società giapponese Toppan Printing Co. Ltd., adatti per la digitalizzazione ad altissima definizione, anche con fotografie a raggi ultravioletti. La collaborazione si è concretizzata nel progetto Cicero, che prevede il recupero di testi palinsesti attraverso la scansione multispettrale di manoscritti. Questa attività di digitalizzazione, ben studiata e valutata e condotta in positiva collaborazione con Toppan, è tuttora attiva e proficua, anche se tocca una sezione limitata di manoscritti (i palinsesti) e, per i lunghi tempi necessari alla scansione, procede con relativa lentezza (sino a oggi sono stati digitalizzati 30 manoscritti, corrispondenti a 6.608 riprese che si duplicano e diventano 13.216 file, perché ogni ripresa è composta da due file, uno a luce naturale e uno a luce ultravioletta).


Considerazioni generali sui materiali da digitalizzare
La digitalizzazione dei materiali conservati in Biblioteca Vaticana viene di fatto a coincidere con la digitalizzazione degli 80.000 manoscritti. Si tratta infatti di pezzi unici per definizione, che costituiscono il tesoro più caratterizzante della Biblioteca e che, essi soli, raggiungono una mole di circa 40 milioni di pagine (prendendo come media la cifra di cinquecento pagine per manoscritto), con una quantità di dati informatici nell'ordine di 45 Petabyte (cioè 45 milioni di miliardi di Byte, 45 x 1015). Si tenga presente che una mole così rilevante di dati informatici non è gestibile con le abituali "modalità" informatiche: chi non considerasse adeguatamente questo aspetto potrebbe proporre delle belle soluzioni che, a un certo punto, con l'implementarsi delle immagini nel corso dei lavori, diverrebbero ingestibili (per capirci con un esempio: ci si troverebbe, in modo ingigantito sino alle estreme conseguenze, in quelle famose e fastidiose lentezze che si incontrano quando si lavora su immagini "pesanti" con strumentazioni inadeguate).
Questa affermazione non esclude che la Biblioteca curi la digitalizzazione delle monete e medaglie e delle stampe e disegni, di fatto compiuta (a partire dall'anno 2002) a corredo della catalogazione on line di questi materiali: ma questa digitalizzazione, preziosa e necessaria a utilità di quanti consultano i nostri cataloghi on line, non entra specificamente a far parte del progetto generale di digitalizzazione (essendo stato sviluppato, nel tempo, un peculiare workflow-"flusso di lavoro" idoneo allo scopo ma diverso dalle procedure che verranno attuate per i manoscritti).
Analogamente in Vaticana non si prevede al momento (e in linea generale probabilmente mai) una digitalizzazione degli stampati, che, in quanto realizzati in più copie, sono in gran parte digitalizzati all'interno di altre iniziative (in particolare nei progetti di digitalizzazione guidati dalle biblioteche nazionali dei singoli Stati). Per gli incunaboli (e in futuro eventualmente anche per le cinquecentine o in genere per il libro antico) possono fare eccezione quei volumi nei quali ricorrano specifiche (e quindi "uniche") caratteristiche di esemplare: miniature, legature, annotazioni, altro. Per questo motivo gli incunaboli sono stati inseriti a latere nel progetto di digitalizzazione dei manoscritti.
Una considerazione a sé richiedono gli archivi conservati nell'omonima sezione della Biblioteca: si tratta di 100.000 unità archivistiche, con materiale altrettanto "unico" di mole ancora maggiore dei manoscritti, benché qualitativamente meno rilevante nella sua globalità: non si può tuttavia aggiungere anche un progetto per il materiale archivistico accanto a quello riguardante i manoscritti, già "esorbitante"; ma non verranno trascurati eventuali progetti mirati, di cui fosse offerta la sponsorizzazione.


Considerazioni generali sui progetti di digitalizzazione
Il progetto di digitalizzazione dei manoscritti, considerato nella sua completezza di 80.000 manoscritti da digitalizzare, avrebbe comportato l'impiego di 60 persone per tre anni e di 120 persone per gli altri sette anni (si sarebbe quindi concluso in dieci anni). Comprendendo tutti gli aspetti concomitanti (fra i quali la necessaria costruzione di un disaster recovery in sede distaccata), avrebbe richiesto stanziamenti estremamente consistenti, di fatto inarrivabili. Per questo motivo, nel procedere dei contatti e dei tentativi e con l'aggravarsi della crisi economica mondiale, si è compresa la necessità di organizzare la digitalizzazione di una prima fase limitata, facendo affidamento su uno sviluppo successivo, da precisare in corso d'opera, grazie alla spinta che può venire da un avvio ben condotto e adeguatamente pubblicizzato.
Le modalità e i processi di lavorazione per la digitalizzazione sono stati verificati in un apposito test bed, un "banco di prova" che ha permesso in prima istanza di mettere alla prova in concreto i tempi di attuazione (delle foto e delle altre procedure), i trasferimenti dei manoscritti, ogni altra attività connessa nei vari reparti della stessa Biblioteca. L'ulteriore esperienza acquisita e le riflessioni compiute in vista dell'avvio ormai imminente del progetto hanno ulteriormente fatto comprendere che il lavoro di acquisizione digitale (con le procedure annesse) dovesse essere affidato in outsourcing a società esterne, così da non aggravare le limitate forze amministrative e organizzative della Biblioteca. Si è inoltre compreso – ed è un aspetto estremamente importante per la continuazione e l'ampliamento del progetto – che un progetto del genere non richiede soltanto di acquisire personale per la fotografia (di cui si è appena detto), ma anche personale che dall'interno della Biblioteca collabori con le altre strutture e uffici: con il laboratorio di fotografia (per le verifiche delle digitalizzazioni compiute), con il laboratorio di restauro (per controllare i manoscritti prima e dopo che siano fotografati e per compilare le schede connesse), con il C.E.D. e con il coordinamento dei servizi informatici (per tutte le implicanze informatiche), con l'Economato (per il trasporto dei manoscritti, per tutte le questioni amministrative) e forse con altri uffici ancora.


Considerazioni generali sulla conservazione e sulla messa on line dei manoscritti digitalizzati
La digitalizzazione ha come scopo primario la conservazione, e precisamente una long term preservation: per questo è fondamentale avere un formato adeguato di conservazione, che è stato identificato nel formato FITS (Flexible Image Transport System). Il FITS, infatti, è un formato non proprietario, cioè non legato a specifiche società e ai loro "capricci" (o costi) o esiti futuri (come è il formato TIFF) ma affidato alla comunità scientifica internazionale che lo aggiorna da più di quarant'anni. La sua longevità, altissima in ambito informatico, fa comprendere che è estremamente flessibile. Ora, grazie alla collaborazione con l'istituzione che governa il FITS nel mondo, si sta operando perché sia specificamente adattabile alle esigenze della digitalizzazione finalizzata ai beni culturali. Per comprendere queste affermazioni, senza entrare in specificità tecniche che qui non ci competono, è necessario superare l'abituale confusione tra formato di scambio e di utilizzo delle immagini (un formato che può essere vario e dettato da motivazioni di vario genere, anche commerciali) e formato di conservazione (che deve invece rispettare la caratteristiche appena descritte) ed è altresì necessario smuovere l'inerzia e la minor competenza del mondo delle biblioteche (che tende a non considerare riflessioni che richiedano scelte di tipo informatico). Va insieme richiamato il fatto altamente positivo di una collaborazione costruttiva e proficua fra mondo strettamente tecnico-scientifico (il FITS nasce appunto in ambito astrofisico, di fatto dalla NASA, ed è stato a noi segnalato dall'INAF, l'Istituto Nazionale di Astrofisica con cui manteniamo una stratta collaborazione) e mondo umanistico: è una esperienza di quella unità profonda del sapere e della cultura che talvolta non viene percepita o, peggio, viene ritenuta non praticabile.
Per la long term perservation è altrettanto fondamentale applicare rigidamente nel data center le policies che governano questa tematica: è quanto è affidato al C.E.D. Fa parte di queste policies la garanzia di uno storage locale (quindi un "immagazzinamento" dei dati nel luogo stesso in cui essi vengono elaborati) e di un disaster recovery (quindi un luogo di conservazione e di recupero dati, adeguatamente lontano a protezione di possibili gravi disastri).
Allo stesso tempo la digitalizzazione raggiunge lo scopo di permettere – in Biblioteca – la consultazione dei manoscritti, in prima battuta, in forma digitale ad alta definizione. Infatti, salvo casi di particolare fragilità, è sempre lasciata la possibilità di accedere direttamente ai manoscritti, per quanto utile. La digitalizzazione può ugualmente permettere di renderli accessibili anche fuori della Biblioteca grazie alla loro messa on line. A questo proposito si è giunti alla conclusione che sia lecito rendere accessibili in rete tutti i manoscritti, a bassa definizione (come del resto è, per ora, necessario per una agile circolazione dei dati sul web). Si è stabilito che i manoscritti possano essere consultati in rete e se ne possa anche fare gratuitamente il download (lo scaricamento), alle seguenti condizioni: chi consulta il manoscritto si iscrive previamente al sito della Biblioteca (lascia quindi una traccia di sé), le immagini poste in rete sono a bassa definizione (non possono essere usate per la stampa), inoltre recano una filigrana che sia sufficientemente visibile, anche se non disturba la consultazione della pagina (non possono quindi essere utilizzate per altri siti, men che meno a pagamento), infine recano una traccia informatica non visibile della loro origine (cioè una "filigrana virtuale" ovvero un codice ricercabile e nascosto all'interno del file, per ogni necessità di ricostruzione del tracciato delle immagini). Si tratta, quindi, di un servizio squisitamente culturale, utilizzabile dagli studiosi e anche da tutti i cultori o curiosi, interessati a vedere, capire, approfondire, in linea con il servizio totalmente gratuito con il quale i manoscritti (e gli altri materiali) vengono tuttora concessi in consultazione in Biblioteca. Dare invece liberamente le immagini ad alta definizione, riteniamo sia inopportuno, anzi avventato: con simili immagini si possono infatti fare imprese commerciali le più svariate, senza alcun rispetto per i diritti di Copyright dell'Istituzione proprietaria, e lasciarle circolare in rete significherebbe abdicare di fatto per sempre a ogni salvaguardia di quegli stessi diritti.


Consistenza attuale dei manoscritti digitalizzati
La normale attività di digitalizzazione del Laboratorio fotografico e i primi frutti dei progetti di digitalizzazione permettono alla Biblioteca di avere, a oggi, i seguenti materiali digitalizzati (oltre ai 30 manoscritti prodotti con gli scanner Toppan, e non comprendendo le immagini del Gabinetto delle Stampe e del Medagliere): 1.153 manoscritti interi (compresi quelli digitalizzati nel test bed e quelli compresi nel progetto di digitalizzazione del Palatini latini), 98 manoscritti e 109 volumi a stampa del progetto riguardante materiali cinesi, 274 volumi a stampa (cioè circa l'uno e mezzo per cento degli 80.000 manoscritti complessivi).


Attività in corso
Il progetto fondamentale prenderà avvio in un prossimo futuro, con il sostegno di EMC (EMC Computer Systems Italia, società del gruppo EMC Corporation, leader mondiale dei sistemi di storage): per i primi tre anni il progetto prevede l'allestimento delle macchine adeguate allo storage di 1,5 Petabyte ("isole" per la conservazione dei dati digitalizzati: quindi un trentesimo dei 45 Petabyte previsti complessivamente), il lavoro di 15 operatori su turni di 5 ore al giorno e la realizzazione di circa 1,7 milioni di pagine (quindi circa 3.400 manoscritti). Ho chiamato "fondamentale" questo progetto, perché permette di impostare questa "impresa" nella sua complessiva articolazione (digitalizzazione dei manoscritti, procedura per l'attribuzione dei metadati strutturali e di contenuto, macchine per lo storage ecc.) ed è predisposto per lo sviluppo successivo sino al completamento della digitalizzazione degli 80.000 manoscritti.
D'altra parte già è in corso una importante sponsorizzazione per la digitalizzazione di manoscritti greci ed ebraici e di incunaboli, offerta dalla Fondazione americana Polonsky e condotta insieme alle Bodleian Libraries di Oxford. Questa sponsorizzazione permetterà, nel corso di quattro anni, di digitalizzare almeno 2.000 volumi (un terzo ciascuno fra manoscritti greci, manoscritti ebraici, incunaboli).
In modo analogo, grazie all'impegno della Biblioteca dell'Università di Heidelberg, ha preso avvio da tempo la digitalizzazione dei manoscritti latini del Fondo Palatino (appunto proveniente da Heidelberg): iniziata con il gruppo di 142 manoscritti Palatini appartenuti all'antico monastero di Lorsch, la digitalizzazione sta proseguendo su tutto il fondo dei circa 2.000 manoscritti latini Palatini (2.000).
Sono ovviamente in corso progetti minori e, soprattutto, sono tuttora in valutazione ulteriori importanti collaborazioni.
Ciò che deve essere messo in evidenza, in queste collaborazioni e sponsorizzazioni, è il convergere "virtuoso" di vari aspetti, che uniscono la Biblioteca Apostolica Vaticana e alcune società in progetti specifici: una condivisione fondamentale sul valore della cultura e della sua diffusione (in particolare attraverso il mezzo elettronico), la percezione della serietà e praticabilità di una impresa grazie al concorrere concomitante di adeguate competenze di ambito tecnico e umanistico, il coraggio di lanciarsi in un'impresa inizialmente limitata (ma già di non poco peso amministrativo, finanziario e organizzativo) nella fiducia di un più ampio sviluppo dopo un avvio ben condotto e un'adeguata pubblicizzazione, la convinzione di un ritorno d'immagine per le aziende in risposta ad azioni di sponsorizzazione di indubbio significato e valore umanitario.


Mons. Cesare Pasini
Direttore della Scuola di Biblioteconomia
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana

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