Saluto del Direttore

Prolusione Scuola Biblioteconomia 2013-2014

Ottobre 2013

Mons. Cesare Pasini,
Si studia in Biblioteca?


Introduzione

Non una trattazione articolata, completa, documentata da studi e ricerche.
Piuttosto una testimonianza con alcuni fatti e alcuni dati, eventuali aneddoti, anche provocazioni o preoccupazioni.
Per questo non utilizzo strumentazioni specifiche di Power point o simili, anche se spero di poter offrire il testo on line sulle pagine della Scuola.

Tre anni fa (2010), quando la Vaticana riaprì, dopo tre anni di lavori di ristrutturazione (2007-2010), ho provato a ripercorrere il mio rapporto con questa istituzione,
* vedendomi prima nel ruolo dello studioso che la frequentava,
* poi dall'interno fra coloro che vi operano a servizio degli studiosi,
* considerando infine, sullo sfondo, il mondo di tutti i possibili "ricettori" esterni all'istituzione.
Da quelle riflessioni, finite nell'Introduzione alla mostra Conoscere la Vaticana che fu aperta in quei mesi al Braccio di Carlo Magno, riprendo, modulandoli e sviluppandoli in relazione alla tematica scelta per oggi, alcuni pensieri abbastanza ovvi, ma dai quali vorrei prendere l'avvio.
Del resto una scuola – la Scuola di Biblioteconomia di cui oggi inauguriamo il settantottesimo corso – non intende soltanto fornire apprendimenti tecnici e aggiornare teoricamente la professionalità dei partecipanti, ma desidera anche favorire un approccio più vitale, forse anche esistenziale, alle discipline che vi vengono affrontate.

Descrivevo appunto tre momenti:
1. Il momento di quando conoscevo la Vaticana come studioso che vi si recava per completare le proprie ricerche (non abitualmente, non dimorando a Roma, ma ogni volta che si rendessero necessarie delle verifiche, degli approfondimenti).
Certamente erano momenti di studio e la biblioteca si rivela, in quelle situazioni, il luogo ideale per lo studio, sotto vari aspetti:
* vi trovi i materiali che altrove non ti erano disponibili;
* ti ci puoi raccogliere senza gli immancabili disturbi e distrazioni che ti arrivano quando cerchi di concentrarti in qualche ricerca mentre sei nella tua istituzione;
* effettivamente studi, approfondisci, raccogli del materiale utile e produci frutti che potrai comunicare ad altri in varie modalità di pubblicazione;
* inoltre incontri altri studiosi, che frequentano come me la Vaticana o studiosi e ricercatori interni alla Biblioteca, con i quali si instaurano rapporti di scambio e di reciproco confronto: lo studio, infatti, vuol dire anche questo.
Verrebbe da concludere questo primo punto con una constatazione serena: la Biblioteca è un bel luogo di studio per gli studiosi che la frequentano. E tutte le biblioteche, di vario genere e tipo, dovrebbero tenere presente che uno degli obiettivi da perseguire è appunto quello di fornire luoghi e materiali adatti agli studi (e anche agli incontri)…: è ovvio e banale, ma conviene ricordarlo.

2. Il momento di quando ho conosciuto la Vaticana dal di dentro, chiamato a operarvi insieme a tutti gli altri che la "fanno funzionare".
Verrebbe da dire: "Adesso sì che studi meglio: hai tutte le comodità di conoscenza e di utilizzo che lo studioso normalmente non ha; se sei prefetto, hai le chiavi e puoi studiare giorno e notte, e anche se non sei prefetto chissà quanto tempo puoi dedicare alla ricerca!".
Appunto: "Chi sa quanto?".
Resta vero che, fra intralci e dispersioni, e considerando le differenti modalità di presenza e di operatività in una biblioteca, però si è continuamente in mezzo ai libri, e qualcosa pur "ci si attacca"!
Cerco, più oltre, di tornare con qualche osservazione più seria sul tema, ma già (in questo secondo punto) si intravedono alcuni aspetti:
* la biblioteca è (pare debba essere) luogo di studio per i suoi stessi operatori;
* le mille attività possono intralciare o, al limite, azzerare questa possibilità;
* però respiri l'aria e tocchi certi materiali che, volere o volare, ti introducono e mantengono in un clima di ricerca, di conoscenza, alla fin fine di studio.

3. Andrebbe considerato anche un terzo momento, ed è quando lo studioso esce a comunicare in ambito accademico o in qualsiasi altro ambito; e, analogamente, quando la biblioteca esce anch'essa a comunicare.
La biblioteca diventa così non solo fornitrice di occasioni di studio, ma attiva produttrice di studi, secondo limiti e obiettivi ben precisi e finalizzati, ma anche con il respiro della propria ricchezza culturale. E in senso più generale la stessa biblioteca tende ad aprirsi con le proprie pubblicazioni scientifiche ma anche con tutti gli altri strumenti di comunicazione più o meno recenti (interviste, sito internet, partecipazione a convegni o a iniziative di taglio più generale).

Tutti i tre punti appena accennati possono prestarsi ad approfondimenti. Benché sia interessante anche il terzo, preferisco tuttavia tralasciarlo, sia perché il primo e il secondo presentano le domande più pertinenti alla prolusione a un corso di biblioteconomia (1. In biblioteca si va a studiare? 2. Gli operatori di una biblioteca studiano?) sia perché il terzo punto rischierebbe di allargarsi a generali considerazioni sociologiche evidentemente eccessive nel contesto di una prolusione.
Sarebbe certo interessante e importante domandarsi come si crei un adeguato canale comunicativo fra il mondo della ricerca e delle biblioteche e la società in genere, e ancor più come e se la società sia interessata a quella formazione e maturazione che le viene offerta dai frutti della ricerca e dal mondo delle biblioteche.
Basti un cenno per segnalare l'ampiezza di un simile tema che non saprei proprio come affrontare (magari – mi suggeriscono di aggiungere – ci rifletterò quest'anno e lo proporrò l'anno prossimo, in una sorta di continuazione di queste riflessioni sugli studi in biblioteca: vedremo).
Restano gli altri due temi:
1. In biblioteca si va a studiare? 2. Gli operatori di una biblioteca studiano?


1. In biblioteca si va a studiare?

Si può partire constatando che in biblioteca – in particolare in una biblioteca di conservazione, "storica", come la nostra – vengono delle persone, che possiamo chiamare studiosi e studiose, i quali hanno così accesso ai manoscritti, ai materiali d'archivio, ai volumi a stampa, alle stampe e ai disegni, alle monete e alle medaglie e ad altri tipi di materiali.
La biblioteca, infatti, può riservare questa sorpresa, di non essere soltanto una compagine più o meno ordinata di libri, ma di articolarsi in una complessità di collezioni, resa ancor più vivace dalla valorizzazione che delle varie componenti può fare l'informatizzazione su vasta scala.
Studiosi e studiose sono, ogni anno, in Vaticana, circa ventimila, con presenze di circa cento al giorno.
Fra le nazionalità, una cinquantina da tutti i continenti, spiccano, oltre ovviamente all'Italia, gli Stati Uniti d'America, la Francia e la Germania, poi Belgio, Canada, Gran Bretagna, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera, Ungheria, e infine, con minor numero di presenze, Albania, Argentina, Australia, Austria, Brasile, Bulgaria, Repubblica Ceca, Cina, Croazia, Città del Vaticano, Danimarca, Egitto, Finlandia, Giappone, Grecia, Iran, Iraq, Irlanda, Israele, Libano, Lituania, Malta, Messico, Norvegia, Portogallo, Romania, Russia, Slovacchia, Svezia, Turchia e altri.
Il Regolamento della Biblioteca, quando spiega i criteri adottati dall'Ufficio Ammissioni, indica che, tra questi studiosi e studiose, vi sono:
* ricercatori e studiosi qualificati noti per i loro titoli e le pubblicazioni di carattere scientifico ("studiosi di chiara fama");
* docenti e ricercatori universitari o di istituti superiori;
* studenti laureati che preparano una tesi per ottenere il dottorato di ricerca;
* eccezionalmente studenti laureandi che documentino di dover consultare del materiale conservato unicamente nella Biblioteca;
* anche gli allievi della Scuola hanno diritto (e un po' il dovere) di frequentare la Vaticana durante il periodo del corso, seppur con un numero ristretto di permessi, talora accompagnati dai docenti, talora per preparare le tesine o i tirocini.
Non sono invece annoverati fra costoro, nel caso specifico della Biblioteca Vaticana, gli studenti di Scuola Media Superiore o quelli universitari. Quest'ultima indicazione si spiega per il carattere specialistico e internazionale della Biblioteca.
Questo può già servire a precisare che la Biblioteca Vaticana è luogo di studio approfondito: non luogo per studi di iniziale apprendimento ma biblioteca attrezzata e organizzata per studi di specifico approfondimento.
Per restringerci ai materiali che danno nome alle sale di consultazione – la Sala Consultazione Manoscritti e la Sala Consultazione Stampati – lo studioso viene a studiare sia i manoscritti (codici e materiali di archivio) sia i volumi a stampa.
Questi ultimi possono costituire l'oggetto specifico della sua ricerca oppure servire semplicemente quali strumenti per l'indagine sui manoscritti; esistono poi i più svariati intrecci fra questi materiali e questa strumentazione (fra l'altro con tutti gli altri materiali che, per semplicità, ho ormai lasciato da parte: stampe e disegni, monete e medaglie ecc.).
Si potrebbe dire, interrompendo momentaneamente il filo della riflessione, che studiare in Vaticana è veramente un godimento (la parola deriva dal dizionario dei sinonimi, per evitare "pacchia" o "cuccagna"…).
Per aiutare lo studio, soprattutto nella fase iniziale di ambientazione, ma anche più oltre per ogni specifica necessità non altrimenti risolvibile, la Biblioteca offre l'aiuto di varie persone.
Non so se serve il richiamo aneddotico, ma – per quanto ricordo – quando venni le prime volte, non domandai a nessuno, forse per quelle utili indicazioni che avevo avute in anteprima dalla mia professoressa o forse per quel pudore che non vorrebbe disturbare nessuno e per quella prudenza che ti fa pensare che, più t'arrangi, meglio sei accolto…
Però vi sono le persone che aiutano:
* Il personale di Sala, che può dare pratiche indicazioni su come richiedere i volumi, dove trovare quelli a consultazione diretta, aggiungendo altre segnalazioni che gli vengono dall'esperienza.
* Il Reference Librarian ("un bibliotecario per le informazioni bibliografiche"): il Regolamento della biblioteca afferma che "ha il compito di rispondere ai quesiti di carattere bibliografico e scientifico posti dagli utenti della Biblioteca".
* Gli scriptores (e per estensione il personale scientifico della Biblioteca, nei vari ambiti): lo Statuto li definisce "gli specialisti nelle discipline paleografiche, filologiche e storiche" e affida loro "il compito della ricerca scientifica e dell'attività culturale peculiare della Biblioteca!"; precisa che "hanno come principale ufficio quello di redigere cataloghi, inventari e strumenti bibliografici per l'utilizzazione dei codici e di preparare opere scientifiche che illustrino i fondi manoscritti e ne documentino la storia"; e conclude appunto che "inoltre assistono gli studiosi nelle loro ricerche scientifiche".
Fra l'altro risponde certamente a queste indicazioni la recente pubblicazione della Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana a cura di Francesco D'Aiuto e Paolo Vian.
È il momento di porre direttamente la domanda: "Si studia in biblioteca?".
La risposta potrebbe essere: "Dipende da chi ci viene, come si comporta, quel che fa".
Si può tuttavia uscire dal mero aspetto soggettivo della buona volontà e anche dall'aspetto che consideri la competenza e la capacità differente di ciascuno, per proporre almeno qualche osservazione più generale e obiettiva:
* A una biblioteca, soprattutto a una biblioteca complessa, è necessario abituarsi: abituarsi agli scaffali, ai cataloghi, agli strumenti informatici, alle modalità di richiesta e agli orari ecc.
Probabilmente uno studio serio e proficuo non è compatibile con le situazioni del "mordi e fuggi" o con l'emigrare "or qua or là".
* Lo studio in biblioteca non è lo studio personale, che potrei fare anche "a casa", semplicemente con qualche strumento in più o qualche disturbo in meno (in biblioteca mi chiamano meno al cellulare: anzi è proibito); è un "porsi davanti" a raccolte e collezioni (i Monumenta Germaniae Historica, il Migne…) ricevendo e raccogliendo, scoprendo, percependo connessioni, imbattendomi in ulteriori punti ed elementi che solo il guardare e toccare permette di cogliere.
Se non è irriguardoso, in questo guardare e toccare c'è qualcosa dell'incipit di 1Gv 1,1.3: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita […] quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi»: anche l'annuncio, dopo aver visto e toccato, è naturale conseguenza.
Le Sale di Consultazione con ampi materiali a "presa diretta" sono certo una comodità, ma sono di più un clima di ricerca in cui si è positivamente inseriti e formati. In una battuta si potrebbe dire che cerchi un libro che ti interessa e, se la raccolta è ben fornita e consultabile, nei paraggi ne trovi almeno altri tre che ti interessano…
* È vero che oggi lo studioso in biblioteca ha anche la possibilità di compiere ricerche via web, ricerche che spesso gli sono possibili da qualsiasi altra postazione (salvo avvalersi in biblioteca di accessi gratuiti a banche dati che invece dovrebbe pagare!).
Le ricerche nelle banche dati elettroniche sono uno strumento utile e comodo e veloce (ce lo sognavamo "ai tempi nei quali" scrivevamo ancora la tesi a macchina, magari usando due macchine, una per i caratteri latini e un'altra per i greci, con intarsio perfetto modulando il carrello della macchina da scrivere).
Però ha bisogno di essere integrato con ricerche a tavolino e a libro, perché la ricerca veloce talvolta dà il frutto ma non meditato; e a furia di non meditare il dato che si raccoglie, non si hanno veri frutti maturi adeguatamente contestualizzati.
Ma ci sarebbe tanto da aggiungere, e lascio ai corsi di far entrare in modo serio in queste tematiche.


2. Gli operatori di una biblioteca studiano?

"Si deve studiare per 'servire' in biblioteca?" O anche: "Quando operi in biblioteca, studi?".
Vorrei cominciare con qualche recupero storico riguardante Giovanni Mercati, che passò una vita nelle biblioteche: cinque anni in Ambrosiana a Milano come dottore (1893-1898, era nato in Emilia nel 1866); poi in Vaticana, dove divenne proprefetto nel 1918 e prefetto l'anno seguente, infine cardinale bibliotecario dal 1936 sino alla morte (1957).
Uomo amante della ricerca, con il gusto e la missione della ricerca, aveva iniziato il suo percorso bibliotecario a Milano dove poteva tuffarsi nei manoscritti e fare scoperte: scoprì in particolare nella scrittura inferiore di un palinsesto un'importante sezione degli Esapla dei Salmi di Origine (una bibbia disposta su sei colonne, per confrontare testo ebraico e traduzioni greche).
Si trovava come l'affamato a cui si imbandisca una tavola tutta per lui: «Nella Biblioteca Ambrosiana, dove fui fraternamente accolto […], invece di pazientare e supplire metodicamente ai difetti della istruzione e formazione letteraria e scientifica, datomi subito ad esplorare i copiosissimi codici e ad impratichirmene con la fiducia di trovarvi ancora preziosi aneddoti, ed incoraggiatovi dal riconoscimento, dopo qualche mese, dei frammenti di un Salterio Esaplo con Catena, […], ad esempio, continuai ad allargare le ricerche, per avidità d'imparare e di scoprire».
Mercati era in biblioteca e studiava: ricercava, trovava, approfondiva, andava a compiere confronti in altre biblioteche, preparava pubblicazioni.
Quando arrivò in Vaticana dovette compiere vari lavori, anche facchinaggio per lo spostamento di libri. Così gli scrive il prefetto Franz Ehrle il 3 settembre 1914: «Non dimenticherò mai lo spirito di sacrificio, col quale Ella nei primi anni per settimane e per mesi fece da facchino per ordinare gli stampati e col quale Ella sempre fu pronto a qualunque fatica nell'interesse della Biblioteca».
Si trovava in una "cuccagna" ancora più ricca che in Ambrosiana, ma avrebbe dovuto preparare anche i cataloghi dei manoscritti. Così gli scriveva infatti Ehrle il 4 aprile 1898: «Intanto, oltre ai testi, Lei publicherà cataloghi di manoscritti, anche questo un lavoro stimato, se bene fatto, e facendo ciò rende un grande servizio alla Santa Sede, la quale in rispetto alla sua biblioteca e ai suoi cataloghi si trova in posizione poco decorosa».
Il 3 luglio 1899 fu affidato, a lui e a Pio Franchi de' Cavalieri, il catalogo dei manoscritti greci.
Successivamente Ehrle, con una lettera dell'inizio di ottobre del 1901 lo richiamava: «Spero che Lei abbia riprese nuove forze per ricominciare al 10 ottobre con tutta l'energia e costanza necessaria il lavoro dei cataloghi greci […], essendo già da sé il lavoro dei cataloghi quasi la sola ratio essendi per gli scrittori. Quando Lei mi pregò a Milano […] di farlo passare alla Vaticana, ho richiamato subito la Sua attenzione su questo punto di differenza fra la Sua posizione di Milano e quella di Roma e anche più tardi nella lettera definitiva Le scrissi: "Venga se vuole sacrificare una parte delle Sue forze e del Suo tempo agli interessi della Santa Sede". […] Anzi sarò credo obbligato a pregarLa a dare generalmente il tempo delle quattro ore dell'apertura della Biblioteca al lavoro dei cataloghi, dovendo insistere su questo punto con altri impiegati, i quali provocano all'eccezione accordata a Lei».
Eugène Tisserant, nella commemorazione di Mercati tenuta all'Accademia nazionale dei Lincei l'11 maggio 1963, riferì di «una certa insofferenza» di Mercati proprio per questo incarico, aggiungendo: «Era venuto a Roma per ubbidire ai Superiori e non cercò di sottrarsi, ma non si può dire che vi abbia mai lavorato volentieri».
Troviamo quindi in Mercati tre tipi di impegni:
* impegno di catalogazione organica dei manoscritti;
* impegni immediati per necessità della biblioteca: nel suo caso, il "facchinaggio";
* impegno (con gradimento!) per ricerche libere in ambiti di specifico interesse.
A ben guardare quell'antica esperienza, e le fatiche che aveva comportato, è come uno standard nella vita della Biblioteca Vaticana, e lo vedremo riproporsi oggi come ieri, per gli scriptores e in genere per il personale scientifico.
* Lo statuto li impegna a preparare cataloghi. È interessante notare le "variabili" che in questo ambito possono crearsi:
- cataloghi della series maior,
- cataloghi/inventari, quasi una series minor (Vian-Piazzoni),
- il recupero della catalogazione a schede degli anni Trenta in Vaticana (IAM),
- recupero on line di dati a suo tempo raccolti (per i manoscritti arabi, per quelli greci),
- la bibliografia dei manoscritti (ora on line nuova e pregressa).
Si possono accostare a questo impegno anche altri tipi di lavori, fra i quali lo spoglio degli antichi cataloghi, con identificazione e storia delle collezioni, e la Storia in più volumi della Biblioteca.
* Le necessità della Biblioteca chiedono di utilizzare parte del tempo ad altri servizi: ad es. quello della Scuola di Biblioteconomia (persino codificato nel Regolamento), ma tanti altri connessi con la digitalizzazione dei manoscritti, con la pagina web della Biblioteca, con progetti o iniziative varie.
* Le belle ricerche che erano così gradite a Mercati e che egli riprenderà soprattutto dopo la prefettura (da cardinale bibliotecario) trovano spazio? E chi ha altri incarichi, ha spazi di studio e ricerca?
Esiste un aggiornamento e uno studio per mantenere la competenza professionale che è esigenza doverosa e naturale e che è anche tradizione garantita nella Biblioteca Vaticana.
Esistono inoltre spazi di tempo, che talora vengono scovati anche fuori degli orari di lavoro, per ricerche, approfondimenti a latere, quelli che tanto piacevano a Mercati.
Alla domanda: "Gli operatori di una biblioteca studiano?" si può rispondere che studiano e ricercano molto meno di quanto vorrebbero e molto più di quanto lascino credere quando si lamentano del tempo che non hanno.


Conclusioni

A che servono tutte queste considerazioni?
* A far superare la considerazione di una biblioteca e del suo funzionamento andando oltre alla mera modalità tecnica delle varie cose che si debbono fare.
* A renderci consapevoli che le biblioteche sono anche (oso dire: principalmente) luoghi di studio e di lettura approfondita (l'abitudine degli studenti universitari di trovare un "posto" per studiare rifugiandosi con i propri libri in biblioteca non significa utilizzare bene una biblioteca, significa utilizzare le sedie e i tavoli… può però essere occasione per imparare a usare uno strumento di lavoro).
* A far in ogni caso rilevare ciò abbiamo fra mano, cioè a favorire una "consapevolezza culturale".
* A farci conoscere, in uno spicchio di storia che muta e si evolve, modalità e attenzioni stabili, in un certo senso perenni.
* Ad aprirci a spazi più alti, a non deprimere il nostro lavoro dentro una dimensione ristretta, fattuale, che pure è importante, ma allargarci all'orizzonte delle grandi prospettive della storia e della cultura.


Mons. Cesare Pasini
Direttore della Scuola di Biblioteconomia
Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana

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